Birre d’Abbazia fra leggenda e realtà

Birre d’Abbazia fra leggenda e realtà

Il fenomeno delle Birre d’Abbazia nasce in Belgio, paese storicamente ricco di abbazie (‘abbaye’ in francese e ‘abdij’ in fiammingo) e di birrifici, ma riguarda anche altri paesi quali Germania (le Klosterbrauerei), Francia, Olanda, Austria, Svizzera e il nostro.

Da queste due realtà, quella religiosa e quella birraria, prende vita, non uno stile birrario, ma una categoria di birre che nel nome indicano un collegamento fra la birra e un’abbazia.

Molto famose e conosciute nell’ambito della definizione generica di birre d’abbazia sono le ‘birre trappiste, che vengono prodotte all’interno dei monasteri o nelle immediate vicinanze sotto lo stretto controllo dei monaci Circestensi della Stretta Osservanza, chiamati più comunemente Trappisti.

In Belgio, le abbazie che producono queste birre sono sei, altre sette si trovano in altri paesi fra i quali l’Italia, con la birra Trappista del Monastero Tre Fontane di Roma.

Le birre d’abbazia che prendono il nome o che sono collegate alle abbazie belghe sono prodotte da una ventina di birrifici e il fenomeno ha assunto una dimensione e una notorietà a livello internazionale.

Sono birre molto apprezzate dagli appassionati che amano le specialità birrarie con una spiccata personalità di gusto e una certa gradazione alcolica.

Nel corso degli anni, le birre belghe d’abbazia hanno contribuito a fare crescere l’interesse nei confronti delle specialità e sono parte integrante del vasto panorama birrario a livello mondiale.

Ogni birra d’abbazia ha una propria leggenda, un suo racconto storico, che la collega all’abbazia da cui prende il nome.

Non entrerò nel dettaglio di ogni singola storia legata alle birre e alle varie abbazie, per due ragioni: la prima è che sarebbero troppe le storie da raccontare e la seconda è che sono storie sono molti simili fra loro.

In altre parole, il collegamento storico che i responsabili dei birrifici mi hanno raccontato nel corso delle mie varie visite ai birrifici e alle abbazie hanno quasi sempre le stesse basi e lo stesso svolgimento:

  • la partenza è ovviamente la storia dell’abbazia che affonda in tempi remoti, XI o XII secolo, dove si afferma che i monaci producevano la birra. Affermazione credibile, considerando che i monaci per sopravvivere spesso si dedicavano e si dedicano, alla produzione di birra, liquori, formaggi e altri generi alimentari;
  • la maggior parte delle abbazie protagoniste dei racconti, nel tempo a causa di guerre, d’invasioni o per ragioni politiche-religiose, vengono distrutte più volte e altrettante volte ricostruite;
  • nelle varie fasi di ricostruzione spesso si interrompeva la produzione della birra;
  • di alcune, che ho avuto il piacere di visitare, restano oggi solo dei ruderi. Altre sono ricostruite nello stesso luogo o nella stessa area e sono adibite a collegi, centri di studio o altro ancora. Solo alcune, infatti, hanno mantenuto il loro ruolo di abbazia.
Ma come si collega la storia delle abbazie belghe alla birra?

Ci sono un paio di versioni. La più raccontata è quella che narra che dopo secoli viene ritrovata la ricetta originale e quindi i monaci decidono di riprendere la produzione della birra, ma poiché l’arte di produrre l’antica bevanda si è persa, affidano ad un birrificio la “ripresa” della produzione.

È certamente, questa, la storia più interessante e che piace di più, che da valore storico alla birra, ma è una versione che apre a degli interrogativi in merito al ritrovamento di libri o ricette, dopo centinaia di anni, sopravvissuti a incendi, distruzioni e cambi di ordini religiosi.

Inoltre, ipotizzando che per puro miracolo qualche ricetta medievale si sia veramente salvata arrivando fino a noi, credo molto improbabile che utilizzandola i mastri birrai riuscirebbero a produrre birre con quel gusto piacevole e articolato che contraddistingue le attuali birre d’abbazia.

La seconda, più realistica, che mi è stata confermata dai monaci delle varie abbazie che ho visitato, è che il birrificio si sia rivolto a loro chiedendo di poter utilizzare il nome dell’abbazia per le proprie birre.

Richieste alle quali le abbazie hanno aderito con favore, perché le royalties, ovvero la percentuale sulle vendite che ne ricavano, permettono ai monaci di sostenere le tante spese di gestione del monastero e di fare opere di bene.

Per i produttori di birra il poter utilizzare il nome di abbazie famose e quasi sempre situate in luoghi turistici porta evidenti vantaggi.

Inoltre è un dato di fatto che i prodotti che si legano a luoghi o personaggi religiosi ispirano al consumatore fiducia e qualità.

Al di là del richiamo alle abbazie, gli stessi monaci hanno avuto un ruolo molto importante nella storia della produzione della birra.

Grazie alle loro capacità la birra, nel corso della sua lunga storia, ha fatto un salto di qualità.

Non deve stupire quindi se molti produttori, non solo di birra, abbiamo legato i loro prodotti a nomi di monaci o d’ispirazione religiosa.

Prendiamo le acque minerali ad esempio: la San Benedetto, la San Bernardo, la Sant’Antonio, la San Francesco, eccetera portano nomi di Santi, ma non raccontano di legami storici coi santi da cui prendono il nome.

Per la birra è diverso, per i birrai la storia è importante.

Quando mi viene presentata una birra d’abbazia tendo quindi a inquadrarla immediatamente in un ambito specifico.

Cosa mi aspetto da una birra belga d’abbazia?

In linea di massima hanno alcune caratteristiche comuni:

  • vengono prodotte con il metodo dell’alta fermentazione;
  • sono spesso rifermentate in bottiglia;
  • colore ambrato scuro, bruno, riflessi rossastri;
  • sono generalmente di gradazione alcolica elevata da 6° a 9°, ma anche di più;
  • il gusto è pieno, articolato, di malto e caramello;
  • il profumo intenso;
  • il corpo è pieno.

Spesso in etichetta riportano l’indicazione Double, Triple o Tripel, Quadrupel, che non è legato al numero di rifermentazioni, come molti pensano, ma alla gradazione alcolica in crescendo che dai 6° può anche superare gli 11° alcolici.

Le occasioni di consumo, dato il corpo e la gradazione alcolica, le posiziono fra le birre da meditazione, da bere con calma, in relax, in bicchieri ballon e nei mesi meno caldi.

Nel corso degli anni però, con la tipica vivacità e creatività che contraddistingue il settore birrario, all’interno di questa denominazione, la gamma si è arricchita di birre che spaziano dal biondo al marrone scuro tonaca di frate.

Per cercare di dare delle regole in merito alla denominazione birra d’abbazia (dato che alcune portavano in etichetta il nome di abbazie inesistenti), l’Associazione dei Birrai del Belgio ha introdotto il marchio “Birra d’Abbazia Belga Certificata”, che stabilisce che le birre d’abbazia sono quelle prodotte all’interno della comunità religiosa (e ce n’è solo una) oppure che il loro nome sia effettivamente legato a un’abbazia.

Poiché il marchio è stato creato nel luglio del 1999, venne stabilito a titolo di sanatoria, che il birrificio poteva utilizzare il marchio anche se legato ad abbazie che non esistevano più.
I birrifici che utilizzano questo marchio sono una ventina.
Sono invece una trentina quelli che non hanno aderito a questo riconoscimento.

Pubblicato by dammiunabirra.it

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