Craft Breweries: nascita, sviluppo e passione

Craft Breweries: nascita, sviluppo e passione

A partire dagli anni 2000 le aperture delle Craft Breweries sono state a cadenza quasi giornaliera, il che ci porta alla realtà odierna di oltre 8.000 fra microbirrifici e brewpub in attività negli Stati Uniti.

La crescita notevole ed il grande successo delle Craft Breweries americane ha incoraggiato lo sviluppo dei microbirrifici in tutto il mondo, Italia compresa.

Ma cos’ha portato allo sviluppo di questo fenomeno?

Da un Birrificio Storico parte la Craft Revolution

La Anchor Brewing Company era un birrificio d’epoca fondato nel 1896.

Nel 1971, sotto la guida di Frytz Mytag, iniziò a produrre la sua birra anche in bottiglia, allargando così l’area di distribuzione e nel 1975 ampliò l’offerta con delle specialità: una Porter ed una Stout, due antiche specialità inglesi.

Furono proprio queste specialità a richiamare l’attenzione di colleghi birrai e appassionati homebrewers ai quali Maytag apriva, volentieri, le porte del suo birrificio.

L’interesse destato dalle specialità della Anchor Brewing contribuì in modo determinante alla nascita di una nuova generazione di birrai.

The World Guide to Beer fa conoscere le Birre di tutto il Mondo

Nel 1977 uscì il libro The World Guide to Beer, scritto dall’inglese Michael Jackson.

Jackson descriveva le tante varietà di birra presenti nel mondo, la provenienza e la storia.

Il libro diventò la bibbia, negli Stati Uniti, degli appassionati di birra ed influenzò, ovviamente, anche gli homebrewers, che in quel periodo stavano compiendo i primi passi verso le future craft breweries.

Il pioniere di questo fenomeno fu Jack McAuliffe, che nel 1976 aprì la Albion Brewing Company, in un vecchio magazzino a Sonoma, California.

Craft Breweries
Nonostante un iniziale successo la Albion dovette poi chiudere nel 1982 per ragioni economiche.

La via era ormai tracciata e cominciavano ad affacciarsi sul mercato altri personaggi che avrebbero dato nuovo impulso allo sviluppo delle Craft Breweries.

Il primo di questi protagonisti è sicuramente Charlie Papazian, mancato ingegnere nucleare, che lavorava come insegnante a Boulder nel Colorado.

Papazian nel giro di qualche anno divenne un esperto nella produzione casalinga della birra, seppure a livello di hobby, e soprattutto fu molto bravo nel creare quella che oggi definiremmo una community.

Dalla community degli Homebrewers parte il fenomeno Craft Brewery

La casa di Papazian era sempre affollata di amici con i quali si divertiva a parlare di birra e di come produrre le varie tipologie, allargando così sempre di più la cerchia degli appassionati, tanto da organizzare veri e propri corsi di Homebrewing.

Fino a quel momento negli Stati Uniti la produzione casalinga di birra era illegale, un retaggio degli anni del Proibizionismo.

Ma grazie alla pressione degli homebrewers, l’allora presidente Jimmy Carter la liberalizzò nel 1978, anche se occorsero parecchi anni prima che la legge diventasse effettiva in tutti gli Stati.

Con la liberalizzazione il numero di appassionati incrementò notevolmente e Papazian pensò che fosse il momento di creare un’associazione.

Diede vita alla American Homebrewers Association e fondò Zymurgy, una rivista tuttora esistente.

Il passo successivo di Papazian fu quello di fondare la Association of Brewers che riuniva i primi piccoli birrifici che avevano iniziato la loro attività.

Nasce il Great American Beer Festival

Papazian organizzò la prima edizione del Great American Beer Festival in un hotel di Boulder, Colorado.

Il GABF fu la prima occasione d’incontro per coloro che avevano appena aperto o volevano aprire un microbirrificio e da quel meeting iniziò lo sviluppo del fenomeno delle Craft Breweries.

Fra i partecipanti vi erano Ken Grossman e Paul Camusi, due amici che nel 1978 avevano fondato la Sierra Nevada Brewing Company a Chico, California.

Grossman era laureato in chimica e appassionato di homebrewing, mentre Camusi era diplomato in belle arti: entrambi erano in cerca di un’occupazione quando ebbero l’idea di aprire un birrificio.

I due avviarono l’impresa dando fondo ai loro risparmi e bussando alla porta di amici e parenti.

L’operazione di “crowdfunding” andò a buon fine e nel 1980 brassarono la loro prima cotta.

Il successo fu immediato e le richieste superarono la produzione.

Piccolo è bello, ma poi…

Nel 1983, in una intervista che pubblicai sulla rivista Il Mondo della Birra, Ken Grossman e Paul Camusi si dichiaravano molto soddisfatti dei risultati del loro piccolo birrificio: “Vogliamo crescere ancora un po’ solo per poter far lavorare full time i nostri collaboratori”.

“Small is Beautiful” conclusero i due amici.

Quando rilasciarono questa dichiarazione, la Sierra Nevada Brewing produceva 2.000 ettolitri l’anno.

Attualmente oltre al birrificio di Chico ne hanno un secondo a Mills River nel North Carolina e la produzione totale, ad oggi, ammonta a circa 1 milione di ettolitri.

Qualcosa dev’essergli sicuramente sfuggito di mano…

Arriva una nuova Craft Beer

Un altro protagonista negli anni ‘80 fu Jim Koch, consulente finanziario laureatosi ad Harvard, che proveniva da una famiglia di birrai originaria della Baviera.

Koch fondò la Boston Beer Company in anni ancora difficili per i piccoli birrifici.

Oltre a problemi di produzione occorreva superare le difficoltà nella distribuzione che a livello nazionale era dominata dai grandi gruppi birrari.

La Samuel Adams Boston Lager, nome scelto in onore del patriota americano, presentata nel 1985 al Great American Beer Festival vinse il Best Beer of American, premio dato dai consumatori.

Grazie a questo riconoscimento, la Samuel Adams riuscì a sfondare nel mercato nazionale, nonostante il prezzo piuttosto elevato.

Infatti a causa degli alti costi di produzione questa birra si posizionava nella fascia di prezzo occupata dalle birre d’importazione e faticava a competere con le birre nazionali, decisamente più economiche.

Nel giro di una decina d’anni anche la Samuel Adams raggiunse una produzione di oltre 1 milione di ettolitri.

Negli anni ’90 le quote dell’azienda furono messe in vendita trasformandola così in una multinazionale.

Una curiosità relativa alla Boston Beer Company è che nel 2012 acquistò il marchio della prima craft brewery di McAuliffe, la Albion Brewing Company.

Le Craft Breweries arrivano a Quota 1.000

Negli anni ‘90 nel settore delle Craft Breweries ci fu una nuova crescita: da circa 300 birrifici si arrivò a superare quota 1.000, molti dei quali tuttavia non durarono a lungo e chiusero nel giro di pochi mesi.

Un esempio di successo invece fu quello della Brooklyn Brewery di New York, fondata da Steve Hindy, giornalista e appassionato homebrewer, insieme all’amico Tom Potter.

I due, conoscendo la complessità della produzione di una buona birra, decisero di affidare inizialmente la produzione di una birra, degna della tradizione birraria dell’area di Brooklyn, ad un birrificio storico di New York molto noto: F.X. Matt Brewing Company, nacque così la Brooklyn Lager che trovò subito entusiasti clienti.

Grazie al successo ottenuto, alla Brooklyn Brewery arrivò Oliver Garret, un mastro birraio che aveva avuto esperienze in Inghilterra e che aveva lavorato in un brewpub di Manhattan.

A Garrett venne affidato il compito di allestire un nuovo birrificio a Brooklyn.

Spostandoci a Chicago, invece, troviamo il Goose Island, un brewpub aperto nel 1988 da John Hall, dove si producevano birre molto particolari in piccole quantità: la Goose Island IPA, la 312 Urban Wheat e una Ale.

Il gioiello di famiglia però era la Bourbon County Brand Stout, una birra scura che veniva messa a maturare in botti di quercia, utilizzate in precedenza per invecchiare il Bourbon Whiskey.

Per affrontare la richiesta sempre più crescente, impossibile da accontentare con la sola produzione del brewpub, la Goose Island apri nel 1995 un nuovo birrificio.

Nel 2011 la Goose Island venne acquistata da Anheuser-Bush, uno dei principali produttori di birra americani e mondiali, sollevando molte proteste da parte degli appassionati.

Da questa acquisizione nacque, in seno alla Brewers Association, la volontà di modificare lo statuto e codificare le regole per potersi definire Craft Breweries.

A partire dal 2014 i birrifici, degli Stati Uniti, possono definirsi Craft solo se sono: Piccoli, Indipendenti e Tradizionali.

  • Piccoli: produrre meno di 7milioni di ettolitri all’anno. Ci tengo a sottolineare che in Italia la produzione totale di birra è leggermente superiore ai 20 milioni di ettolitri, quindi una Craft Brewery americana arriva a produrre circa un terzo della produzione totale italiana per essere definita piccola.
  • Indipendenti: nel capitale sociale ci dev’essere meno del 25% di quote acquistate da parte di un’industria produttrice di bevande alcoliche e non dev’essere essa stessa un birrificio.
  • Tradizionali: la maggior parte del volume della produzione delle bevande alcoliche deve essere prodotta con sapori derivanti da ingredienti tradizionali, sebbene presentino con ingredienti innovativi.

Pubblicato by dammiunabirra.it

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